La copertina mi ha colpito per l’eleganza quasi “cinese” nella disposizione degli elementi floreali e dei colori nello spazio (stereotipo, lo so, come so che il fumetto è coreano). Poi ho letto, nel retro di copertina, queste frasi:
” C’era una volta l’amore. Non quell’autentico sentimento che provano solo gli umani. Era qualcosa di più intenso. Qualcosa di più bello. Questo è un canto d’amore di creature che non sono nate per amare“.
Sarà che in questo periodo credo maggiormente nell’amore, sarà il fascino che provo per le leggende orientali che abbracciano spiritualità, umanità, natura e soprannaturalità… Sarà quel che sarà, ma ho deciso di leggerlo.
E, per quanto possa sorprendere chi mi conosce e sa che spesso denigro il genere, questo manwa l’ho trovato intrigante. Lo ammetto.
Intanto, ecco la presentazione della Panini:
“Dal giorno in cui madamigella Woohee è stata rapita, il paese è piombato nel caos. E mentre lei ascoltava un uomo dai capelli bianchi come la neve farle una promessa importante, i soccorsi sono arrivati per riportarla a casa. Ora il padre di Woohee la lascia uscire di casa sono nel novilunio…”
Ambientato in un villaggio coreano, in un’era indefinita, la vicenda raccoglie in sé il più puro romanticismo, classico degli shojo più storici, raccontato però con una gradevolezza ed eleganza tipica delle più antiche leggende orientali. Non mancano inoltre scene d’azione e una frequente intercalanza di scene “comiche” con quelle principali, più serie.
I dialoghi danno un buon ritmo al racconto e i narratori esterni (i personaggi stessi) riescono a guidare in modo fluido il lettore lungo lo svolgimento della storia, che si alterna con ricordi onirici del loro stesso passato.
Per quanto riguarda il disegno, lo stile non è tra i miei preferiti (gusto assolutamente personale), riconosco però la cura nei dettagli dei costumi e di tutti gli elementi scenografici.
Voto? 7… ma sì, dai!
L’Annina
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